La National Child Traumatic Stress Network è un’organizzazione americana composta da 150 centro di salute pubblica; nasce per implementare gli standard assistenziali dei servizi rivolti a bambini, famiglie e adulti coinvolgi in eventi traumatici ad alto impatto emotivo, formando il personale sanitario e non che effettua gli interventi di primo soccorso in seguito a disastri naturali, attacchi terroristici o gravi incidenti stradali.
Propone un programma di formazione sulle tecniche del Primo Soccorso Psicologico (Psychological First Aid – PFA) che si ispira a cinque principi base del PFA: sicurezza, calma, connessione, autoefficacia e efficacia di comunità, speranza.
È da applicare nelle fasi immediatamente successive al disastro o calamità per contenere le forme acute di stress, promuovere le capacità di coping che facilitano il funzionamento psichico adeguato e creare una rete di servizi utili ai sopravvissuti. È costituito da otto fasi di intervento:
1 – Stabilire un contatto e presa in carico: il primo contatto tiene conto delle specificità individuali, compresi contesto culturale e religioso, risponde a bisogni contingenti e tutela la privacy, in quanto i contenuti condivisi rimangono strettamente confidenziali; la presa in carico è invece costituita da: osservazione, valutazione, nell’ottica in cui non tutti i sopravvissuti necessitano assistenza o non tutti quelli che ne necessiterebbero la richiedono, presentazione, comunicando la propria qualifica e indagine dei bisogni immediati.
2 – Accrescere la sicurezza e il comfort dei sopravvissuti: fornire conforto fisico e supporto emotivo, per ristabilire il senso di sicurezza e ridurre stress e ansia; il senso di controllo può essere rinforzato dal ricevere aggiornamenti rispetto all’accaduto. È anche importante evitare una nuova esposizione a eventi traumatici, contenendo ogni fonte di ulteriore ansia, dando priorità ai bambini non accompagnati e a chi ha perso familiari o congiunti nel corso del disastro.
3 – Fase di stabilizzazione: cioè tranquillizzare e calmare i sopravvissuti in preda ad ansia o agitazione, secondo due fasi: riconoscere i comportamenti che indicano agitazione e disorientamento (sguardo vacuo, scarsa reattività, risposte emotive esasperate); individuare la strategia di intervento più adatta, favorendo il riconoscimento delle emozioni validandole e inserendo nel contesto di emergenza, insegnando tecniche di respirazione e di grounding quando necessario. Il grounding, o radicamento, consiste in una successione di azioni utili per riacquisire una connessione consapevole con sé stessi dopo un trauma, che potrebbe indurre una temporanea dissociazione; si può aiutare la persona a focalizzare l’attenzione nominando 5 oggetti non angoscianti che vede, 5 suoni che sente e 5 percezioni tattili, intervallando ogni fase con profondi respiri.
4 – Fase di raccolta delle informazioni: secondo un criterio di urgenza sono stabiliti i bisogni primari; consigliabile farlo attraverso una conversazione spontanea, anche se in alcuni casi un questionario predisposto può essere di aiuto; definiti i bisogni, si procede con l’intervento.
5 – Fornire assistenza pratica: si dà priorità alle esigenze di acqua, cibo, riparo, vestiti e cure mediche, rimandando le altre esigenze, spiegandone sempre il motivo; il piano di intervento andrebbe concordato insieme ai sopravvissuti, tenendo sempre presente il criterio della non intrusività.
6 – Mettere in contatto i sopravvissuti con la rete sociale: il sostegno della rete sociale infatti aumenta la probabilità di riprendersi dal trauma, perciò individuale tale rete è prioritario, facendo attenzione ad lacune forme di ritrosia o vergogna, qualora i sopravvissuti fossero in difficoltà a chiedere aiuto; le motivazioni possono riguardare: scarsa consapevolezza di aver bisogno di aiuto; passate esperienze di richieste di aiuto non soddisfatte; stato di prostrazione che impedisce la motivazione necessaria a chiedere aiuto.
7 – Informare: sapere che le reazioni inconsuete sono normali in situazioni di stress post-traumatico può diminuire preoccupazione, agitazione e vergogna: validare le emozioni, come ad esempio ansia, rabbia, attivazione dell’arousal, promuove una gestione più attiva dello stress acuto. Alcune strategie utili per gestire i ricordi traumatici sono: parlare con il personale, svolgere attività pratiche, mantenere abitudini sane per sonno e alimentazione, gruppi di supporto, focalizzarsi su quanto si possa fare di utile, evitare strategie quali alcool o sostanze o comportamenti a rischio ed eventualmente alcune tecniche di respirazione guidata o rilassamento per gestire le emozioni più intense.
8 – Creare una rete di soccorso e sostegno con altri servizi: alcuni superstiti necessiteranno di una continuità assistenziale prolungata, per risolvere esigenze pratiche di gestione della quotidianità ed esigenze sanitarie, quali sintomatologie pregresse accentuate dopo l’evento; importante quindi fornire informazioni dettagliate sui servizi disponibili nel terrotorio.
Per sostenere psicologicamente gli altri in maniera efficace è imprescindibile essere in un buon stato di salute psico-fisica; questo presupposto richiede alcune azioni specifiche: lavorare in un sistema di rete di altri soccorritori; calibrare l’esposizione a situazioni ad alto impatto emotivo; fare riferimento ad un supervisore; non eccedere nel numero di ore di servizio né saltare le pause necessarie; evitare uso eccessivo di dolci, caffè o sostanze che alterino la vigilanza; focalizzarsi su quanto si sta facendo, senza pensare che non sia abbastanza; fermarsi quando si è troppo stanchi o emotivamente turbati.