Il morbo di Crohn è una malattia cronica, per la quale ancora non è stata individuata una terapia risolutiva, che si manifesta con dolori addominali, scariche diarroiche, perdita di peso, fistole, oltre a gravi complicanze quali occlusione e subocclusione intestinale. L’alimentazione è fondamentale nella gestione dei sintomi, ma anche i più rigorosi piani alimentari non sono sufficienti per prevenire le fasi più critiche di questa patologia. Generalmente la diagnosi arriva con molti anni di ritardo, in quanto alcuni sintomi sono tipici di altre malattie intestinali più lievi. Il morbo di Crohn è un disturbo importante e spesso grave, spesso richiede operazioni chirurgiche per asportare segmenti intestinali molto infiammati: è importante quindi intervenire in tempi rapidi.
Di conseguenze, questa patologia presenta implicazioni psicologiche molto importanti: l’impossibilità di esercitare un controllo sulle proprie funzioni intestinali, infatti, porta il paziente a riformulare tutti i propri piani quotidiani, con grossa compromissione della qualità della vita. Ogni programma può essere annullato all’ultimo minuto a causa di una colica improvvisa o di un inatteso accesso al pronto soccorso. Il lavoro, le relazioni e le attività del tempo libero non possono essere gestiti in maniera ordinata e serena: nella maggior parte, il paziente rinuncia alla maggior parte di queste cose, spesso andando incontro a isolamento sociale e ad un forte senso di colpa, derivante dai continui rifiuti agli impegni sociali. Ragionando anche sui fattori culturali, dobbiamo considerare come il cibo sia sempre stato uno dei principali motivi di aggregazione sociale: generalmente il cibo evoca nelle nostre menti esperienze piacevoli, di buona cucina e buona compagnia; per i pazienti con morbo di Crohn, però, ciò non è vero: molti pazienti devono soffrire quotidianamente le conseguenze del digiuno, pur di evitare la comparsa dei sintomi dolorosi, che spesso avviene dopo la consumazione dei pasti. Col passare del tempo, quindi, le dimensioni sociali e affettive vengono logorate da questi vissuti di sofferenza: ciò può sfociare in vere e proprie forme di disagio psicologico, quali ad esempio vissuti di ansia o umore depresso. Sarebbe perciò opportuno seguire parallelamente alla terapia medica e farmacologica, anche un percorso di sostegno psicologico, che fornisca strumenti per una gestione più efficace delle implicazioni mentali e sociali del morbo. Inoltre il sostegno psicologico può anche avere ripercussioni positive sulla gestione dei sintomi fisici tipici della malattia: per una migliore qualità della vita, quindi, è indispensabile integrare competenze mediche e psicologiche, fornendo un intervento il più completo e preciso possibile.