Il disturbo ossessivo compulsivo è caratterizzato generalmente dalla presenza di ossessioni e compulsioni. Per dare una prima definizione possiamo esporre il significato dei termini “ossessione” e “compulsione”.
Dal Dizionario di Psicologia di Umberto Galimberti il termine ossessione deriva dal latino obsidere che significa assediare, bloccare, occupare e descrive la condizione di chi è ostacolato dal bisogno insopprimibile di compiere determinati atti o di astenersi da altri, o è costretto a trattenersi con pensieri o idee particolari che non è in grado di evitare.
Le ossessioni includono idee, pensieri, ragionamenti spesso percorsi dal dubbio e dall’interrogazione, immagini, sentimenti, ricordi o impulsi che, senza un nesso ricollegabile a uno stimolo esterno, si propongono in modo iterativo e automatico e contro la volontà del soggetto. Hanno quindi un carattere di incoercibilità perché il soggetto non riesce a liberarsene, di estraneità perché si impongono contro la volontà di chi li subisce come qualcosa di intrusivo, di invasività perché tendono progressivamente a occupare tutta l’area della coscienza, di compulsività perché il soggetto non riesce a sottrarvisi, e per difendersene organizza dei controrituali che complicano ulteriormente la sua autonomia.
Il termine compulsione indica una tendenza coercitiva e irrazionale che spinge l’individuo a mettere in atto determinati comportamenti di cui egli stesso riconosce l’inutilità e l’inadeguatezza, ma la cui mancata esecuzione provoca in lui una sensazione di angoscia.
Questi due termini, secondo la comune convinzione, sono imprescindibili l’uno dall’altro ma nella letteratura psicologica è necessario tenere in conto l’assenza di una ovvia corrispondenza. Le ossessioni possono essere semplicemente idee o immagini ripetitive senza tuttavia manifestarsi con in una ritualità di atti o comportamenti, sono percepiti come intrusivi e non voluti. Per quanto riguarda la compulsività è contingente la presenza di ossessione.
La risposta alle ossessioni consiste in atti ripetitivi e ritualizzati: le compulsioni, che hanno la funzione di rassicurare il soggetto circa i dubbi sollevati dalle ossessioni e si manifestano fino a percentuali che arrivano al 75% delle persone con ossessioni. Un soggetto può essere affetto da più di un ossessione, mentre sono rare le compulsioni multiple.
La compresenza delle ossessioni e della compulsioni si configura nel disturbo ossessivo compulsivo (DOC) che, nel DSM 5, viene inquadrato come entità nosografica autonoma (Obsessive Compulsive and Related Disorder) insieme ad altri disturbi ad esso correlati.
Un elemento che accomuna le ossessioni è la produzione di emozioni di paura, disgusto e senso di colpa che inducono il soggetto a un disagio emotivo molto intenso. Maggiore è l’intensità di tali emozioni negative maggiore sarà la messa in atto di comportamenti, compulsioni, per neutralizzare le ossessioni o eliminarle dalla mente. Attraverso tali compulsioni la persona riesce a ridurre il disagio o la sensazione sgradevole che qualcosa non va o che potrebbe accadere qualcosa di negativo.
Un’altra conseguenza delle ossessioni è l’attuazione di comportamenti di evitamento, difatti la persona con DOC potrebbe iniziare a evitare tutte le situazioni associabili alle ossessioni e limitare notevolmente la propria vita sociale o lavorativa.
Nel 30-50% dei casi il disturbo ossessivo compulsivo è un disturbo ad esordio precoce ma può presentarsi anche in età adulta o tardiva. Inoltre, può considerarsi un disturbo invalidante in quanto la presenza di ossessioni e compulsioni possono impedire al soggetto di svolgere un’attività lavorativa o di realizzarla in modo discontinuo e possono incidere negativamente sulla stabilizzazione e la durata delle relazioni amicali ed affettive.
Funzionamento cognitivo del disturbo ossessivo
Nella letteratura psicologica si è provato ad identificare cosa avviene a livello di funzionamento cognitivo nei soggetti con disturbo ossessivo compulsivo ed è stata sottolineata la presenza di un processo di ragionamento erroneo in cui la persona confonde una possibilità immaginata con la realtà basata sui sensi. In altre parole questo ragionamento potrebbe essere definito come confusione inferenziale.
Gli elementi che maggiormente contribuiscono alla confusione inferenziale sono l’iperinvestimento nell’immaginazione e la sfiducia per il reale. Sembra che le persone con DOC siano così tanto assorbite dalle loro ossessioni dovute alla confusione inferenziale che rompano il contatto con la realtà. Più specificatamente gli individui non seguono ciò che i loro sensi percepiscono ma ciò che è pregnante nella loro immaginazione. Per esempio, un individuo può essere preoccupato che le sue mani siano contaminate da germi e di conseguenza le lavano ripetutamente ma non tengono in conto che le loro mani sono visibilmente pulite. In altri termini, è il modo in cui i dati vengono interpretati dalla persona.
Dunque, vi è una tendenza ad affidarsi all’immaginazione più che alla realtà.
Ulteriori contributi all’approfondimento del funzionamento cognitivo nel disturbo ossessivo compulsivo appartiene a un filone di psicologia cognitiva che studia come i processi cognitivi siano al servizio degli scopi dell’individuo, cioè un comportamento orientato per obiettivi. Questo significherebbe che gli individui sono orientati a minimizzare gli errori “costosi” e a mettere in atto un ragionamento di tipo prudenziale. In altri, termini si attuerebbe un comportamento orientato e motivato a evitare l’ipotesi più temuta.
Un esempio è quello di un comportamento conosciuto a gran parte delle persone: controllare se la macchina sia stata chiusa. L’obiettivo del comportamento è quello di evitare che qualche ladro potrebbe approfittarsi della nostra sbadataggine, un errore costoso potrebbe essere quello di evitare le conseguenze della nostra colpevolezza; il comportamento è il rituale di controllo.
Trattramento disturbo ossessivo compulsivo
Il disturbo ossessivo compulsivo è spesso trattato con la terapia cognitivo comportamentale, la quale prevede un percorso di riabilitazione graduale attraverso:
- Interventi psicoeducativi: nuove modalità di lettura dei pensieri e degli stati d’animo;
- Tecniche di esposizione: graduali steps per affrontare eventi o situazioni temute;
- Eliminazione dei comportamenti di controllo automatici: maggiore consapevolezza della regolazione del proprio comportamento.
- Ristrutturazione cognitiva: identificazione e messa in discussione dei pensieri che sfociano in una sintomatologia ansiosa.
Oltre al trattamento psicoterapico è possibile seguire o affiancare un percorso di mindfulness dove viene sollecitata e migliorata la capacità di riconoscere e accettare consapevolmente i pensieri, le emozioni e le sensazioni indesiderate, senza reagire nei modi abituali e automatici che tendono a mantenere e alimentare i sintomi.